L’inaugurazione dell’Accademia di Architettura, Pittura e Scultura di Parma nel 1757, dopo cinque anni dalla fondazione ufficiale del 1752 trascorsi in una sorta di «limbo», fu motivata dal desiderio di aggiornare e incentivare le arti nella petite capitale, in sintonia con quanto stava avvenendo negli altri dominî borbonici: nel 1749 a Parigi apriva l’École des élèves protegés, nel 1752 la Reale Accademia del disegno a Napoli e la Real Academia de bellas artes de San Fernando a Madrid. Incoraggiati dal generale clima di fiducia riformistica nel ruolo dei sovrani illuminati, anche negli stati limitrofi ai Ducati parmensi fiorivano nuovi consessi artistici: nel 1751 l’Accademia Ligustica di belle arti a Genova; un anno dopo quella di belle arti a Mantova; nel 1764 quella di Verona.
La decisione di dotare i ducati borbonici di un’accademia artistica pubblica, fortemente sostenuta dall’Intendente della Real Casa Guglielmo Du Tillot, futuro ministro riformatore, si inseriva così nel più vasto fenomeno che indusse quasi tutte le corti europee del tempo a istituire consessi artistici a fini didattici, promotori di un’arte nuova, sensibile ai richiami classici – in polemica con gli eccessi della rocaille – e fondata su geometria, prospettiva e anatomia, storia antica, epica classica e mitologia.
L’affinamento del gusto e della tecnica doveva contribuire, nei propositi dei fondatori, allo sviluppo delle manifatture e dell’artigianato locali, nell’alveo del mutuo rapporto colbertiano – particolarmente caro a Du Tillot – tra accademie d’arte e manifatture, e in generale all’auspicata maggiore autonomia dei Ducati parmensi.